Rinvigorenti Naturali: 8 alimenti che ci rimettono in piedi. Salve a tutti,oggi parliamo di come lo

domenica 30 ottobre 2016



 lo sempre detto che è un'Opzional... 

Ai piedi dell'Himalaya alla scoperta del popolo senza mariti


Esiste un angolo di terra, unico al mondo, tra il Tibet e il sud est della Cina, sulle catene montuose dell’Himalaya, in cui le donne non si sposano mai, senza per questo rinunciare ai figli e alla presenza di padri responsabili.

 
Stiamo parlando dell'affascinante popolo dei Moso, anche conosciuti come Mosuo, che desta l'interesse del mondo intero per la sua struttura sociale di tipo matriarcale, in cui non esistono matrimoni e le donne rimangono a vivere per tutta la vita insieme ai propri genitori e alla loro prole.

 
In questa cultura sono le donne a decidere e scegliere il compagno con cui accoppiarsi ed avere dei figli. In questo caso, il partner prescelto dovrà arrampicarsi dalla finestra per trascorrere momenti di intimità nella stanza privata della donna, mentre il resto della casa dorme.

Ma come fa un uomo Moso a capire che è giunto il momento di arrampicarsi fino alla finestra di una donna per passare una romantica serata insieme a lei?

 
I segnali vengono lanciati durante le danze e le feste popolari, quando una donna interessata solleticherà il palmo della mano dell'uomo prescelto con il dito indice e in segno di risposta, questi le regalerà la sua cintura. Quando lei vorrà, appenderà la cintura alla sua finestra per invitare l’uomo a passare la notte con lei. In altri casi, la coppia parla apertamente della cosa e prende accordi.

 
Di fatto, per i Moso non è accettabile avere più partner allo stesso tempo, anche se ciò che li muove è l'idea che una relazione d'amore spesso non può durare tutta la vita.

 
I nascituri restano pertanto a vivere con la madre nella casa familiare, con i nonni, e le camere delle donne rimangono private per avere il controllo della loro vita intima, mentre i maschi dormono insieme in camerate comuni.

 
Anche se non molto frequente, quando il padre decide di farsi carico dell’educazione dei figli insieme alla madre, deve presentarsi nella casa di famiglia portando dei doni alla matriarca, che se accettati, decreteranno la possibilità per lui di far visita al figlio e di vivere nella casa quando lo desidera.

 
Di fatto, quando una coppia Moso decide di 'separarsi' lo fa naturalmente, senza conflitti derivanti dalla spartizione di eventuali beni in comune (che non esistono) o dalla gestione dei figli.

 


La cultura Moso sopravvive immutata da secoli, immersa nella pace del vivere, in quell’angolo di terra isolato sulle catene dell’Himalaya.
L’EMERGENZA
I super-batteri devastanti 
Vecchie infezioni tornano a uccidere
L’Oms lancia l’allarme: «La minaccia dei germi resistenti ai farmaci è in atto in tutto il globo. Senza un’azione urgente malattie curabili saranno di nuovo letali»
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I super-batteri hanno invaso il pianeta e le conseguenze rischiano di essere «devastanti». A lanciare l’allarme è l’Organizzazione mondiale della sanità: «La minaccia che i germi resistenti ai farmaci rappresentano per la salute pubblica non è più una previsione per il futuro, ma un’emergenza reale già in atto in tutte le regioni del globo. Possono colpire chiunque, a ogni età, in ogni Paese». E «senza un’azione urgente e coordinata da parte di ogni forza in campo - avverte Keiji Fukuda, vice direttore generale Oms per la sicurezza sanitaria - il mondo si troverà a fronteggiare un’era post-antibiotica in cui infezioni comuni, che sono state curabili per decenni, potranno tornare a uccidere».

   
 Gli antibiotici
In un nuovo Rapporto sull’antibiotico-resistenza, l’agenzia delle Nazioni Unite non usa mezzi termini e dichiara lo stato di emergenza: «È una delle più gravi minacce sanitarie, e lo è adesso». «Gli antibiotici efficaci - ricorda Fukuda - sono stati uno dei pilastri che ci hanno permesso di vivere più a lungo e più sani, e di beneficiare della medicina moderna». Ma oggi, «a meno che non si prendano azioni significative per aumentare gli sforzi nella prevenzione delle infezioni, e per cambiare il modo in cui produciamo, prescriviamo e usiamo gli antibiotici, il mondo perderà progressivamente quanto ha conquistato sul fronte della salute pubblica. E le implicazioni saranno devastanti».
 
I dati di 114 Paesi
Il nuovo report scatta la fotografia più completa disponibile finora sulla resistenza agli antibiotici, analizzando dati da 114 Paesi. Anche se il fenomeno sta riguardando molti agenti infettivi diversi, il rapporto si focalizza su 6 batteri responsabili di malattie gravi, e tuttavia comuni, come sepsi, diarrea, polmonite, infezioni urinarie e gonorrea. Le conclusioni suscitano «forte preoccupazione», documentando resistenza agli antibiotici - e soprattutto a quelli usati come “ultima spiaggia” - in tutte le regioni del pianeta. Il Rapporto Oms si sofferma per esempio sulla Klebsiella pneumoniae, batterio intestinale fra le cause più frequenti di infezioni nosocomiali come polmonite, infezioni neonatali o dei pazienti in terapia intensiva. Ebbene in alcuni Paesi, a causa della resistenza sviluppata dal germe, oltre la metà dei malati non reagisce ai carbapenemi, antibiotici di “ultima linea” che si utilizzano quando già altri hanno fallito. Dilagante anche la resistenza ai fluorochinoloni, usati nelle infezioni urinarie da Escherichia Coli: negli anni ‘80, quando furono introdotti, la resistenza a questi antibiotici era virtualmente pari a zero, mentre oggi ci sono Paesi in molte aree del mondo in cui sono inefficaci in più di un paziente su 2. Quanto alla gonorrea, che infetta nel pianeta 1 milione di persone al giorno, casi di “flop” delle cefalosporine di terza generazione sono stati confermati in Austria, Australia, Canada, Francia, Giappone, Norvegia, Sudafrica, Slovenia, Svezia e Uk.
Infezioni letali
Si stima che più di 700.000 persone muoiano ogni anno a causa di infezioni resistenti ai farmaci , anche se il conteggio potrebbe essere molto più pesante perché al momento non esiste un sistema globale di monitoraggio per questo tipo di decessi. È stato difficile anche rintracciare le morti causate da super batteri anche nei luoghi dove vengono monitorate, come negli Stati Uniti, dove decine di migliaia di morti non sono stati attribuiti a superbatteri, secondo un’indagine dell’agenzia Reuters . Gli scienziati hanno messo in guardia dalla minaccia portata dalla resistenza agli antibiotici decenni fa , quando le aziende farmaceutiche hanno iniziato la produzione industriale delle medicine. L’inventore della penicillina, Alexander Fleming, avvertito della crisi imminente mentre accettava il premio Nobel nel 1945 : «C’è il pericolo che l’uomo ignorante possa facilmente incorrere in un sotto-dosaggio ed esponendo i suoi microbi a quantità non letali del farmaco, renderli resistenti». Ma negli ultimi anni, gli studi hanno notevolmente aumentato la consapevolezza circa la resistenza agli antibiotici. C’è stato anche una notevole azione di sostegno da parte di funzionari della sanità pubblica , come di Sally Davies, direttore medico della sanità del Regno Unito. «Le infezioni resistenti ai farmaci fanno parte a pieno titolo dell’agenda globale, ma ora comincia il vero lavoro», Davies ha detto in un comunicato. «Abbiamo bisogno che i Governi, l’industria farmaceutica, gli operatori sanitari e il settore agricolo diano seguito al loro impegno per salvare la medicina moderna». 
Le soluzioni

Gli argini per contenere l’antibiotico-resistenza “fanno acqua” in tutti i Paesi, ammonisce l’Oms. Se è vero infatti che alcune nazioni hanno fatto passi importanti nella gestione del problema, ognuna ha dei “buchi” nel suo sistema di difesa. Gli strumenti per contrastare l’emergenza vanno dal monitoraggio dei casi di resistenza alla prevenzione delle infezioni, per ridurre a monte la necessità di antibiotici attraverso una maggiore igiene, l’accesso ad acque più pulite, le vaccinazioni, il controllo delle infezioni nelle strutture sanitarie. Quella ai super-batteri deve essere una guerra di alleanze, raccomanda l’agenzia ginevrina. Tutti possono e devono fare la propria parte. La devono fare innanzitutto i cittadini: assumendo antibiotici solo quando vengono prescritti da un medico; completando il ciclo di cura anche se iniziano a sentirsi meglio già prima di concluderlo; non condividendo mai antibiotici con altri, né riutilizzando eventuali rimanenze. Farmacisti e operatori sanitari devono invece potenziare gli strumenti di prevenzione e controllo delle infezioni; prescrivere e dispensare antibiotici, quelli giusti per il singolo caso, solo quando realmente necessari. L’Oms si rivolge anche alle autorità politiche (rafforzare il monitoraggio delle resistenze e implementare le capacità dei laboratori) e al mondo dell’industria, che dovrebbe promuovere l’innovazione e la Ricerca e Sviluppo di nuovi farmaci, favorendo le collaborazioni e la condivisione di informazioni fra tutti gli attori del sistema. (Fonte: Adn-Kronos Salute).

Ps:un'altra importante Soluzione c'è ed è antichissima(30 secoli)... la Fitoterapia ( Aglio ,Echinacea,Zenzero, Curcuma ecc)...... con l'alimentazione corretta( Vitamine ,Minerali)...... è già un validissimo Aiuto per il nostro bene....... Siate ricercatori di voi stessi ,la cosapevolezza é Importantissima! Abbraccione di Cuore........... 
 
consiglio un libro a riguardo:

Antibiotici Naturali

Alternative efficaci per combattere le infezioni batteriche resistenti ai farmaci

Stephen Harrod Buhner

Descrizione


Uno dei maggiori esperti di fitoterapia ed erboristeria ci offre un’alternativa efficace, seria e del tutto naturale agli antibiotici. Un manuale pratico, accessibile anche ai non esperti, con schede dettagliate su alcune tra le piante più ricche di componenti di sicuro e provato effetto contro batteri ormai resistenti agli antibiotici di sintesi. Descrive l’uso di erbe e di integratori alimentari per rafforzare le difese immunitarie. Presenta varie ricette per preparare da soli tisane, tinture, olii, polveri e pomate adatte a curare svariati tipi di infezione. C’è anche una sezione interamente dedicata alla preparazione e all’uso dei rimedi naturali per le malattie infantili. Per ogni rimedio vengono offerte informazioni su raccolta, dosaggi, controindicazioni, effetti collaterali e azione sui ceppi batterici.

Echinacea, miele, aglio, usnea, acacia, aloe, assenzio, eucalipto, ginepro, liquirizia e moltissime altre erbe officinali, ognuna con la sua scheda per l’individuazione diretta dei batteri contro cui sono efficaci e delle patologie in cui sono impiegabili.

 Non Sempre si deve essere Vip per essere Famosi... 

Buona lettura...

 Albert Eistein Biografia Tutto è relativo

Albert Einstein, nasce il 14 marzo del 1879 a Ulm, in Germania, da genitori ebrei non praticanti. Un anno dopo la sua nascita la famiglia si trasferisce a Monaco di Baviera, dove suo padre Hermann apre, col fratello Jacob, una piccola officina elettrotecnica. L'infanzia di Einstein si svolge nella Germania di Bismarck, un paese in via di massiccia industrializzazione, ma anche retto con forme di dispotismo che si fanno sentire a vari livelli e in vari ambienti della struttura sociale.

 

 L'infanzia

Il piccolo Albert è per istinto un solitario ed impara a parlare molto tardi. L'incontro con la scuola è da subito difficile: Albert, infatti, trova le sue consolazioni a casa, dove la madre lo avvia allo studio del violino, e lo zio Jacob a quello dell'algebra. Da bambino legge libri di divulgazione scientifica con quella che definirà "un'attenzione senza respiro". Odia i sistemi severi che rendono la scuola del suo tempo simile ad una caserma.

I primi studi

Nel 1894 la famiglia si trasferisce in Italia per cercare miglior fortuna con una fabbrica a Pavia, vicino a Milano. Albert rimane solo a Monaco affinché possa terminare l'anno scolastico al ginnasio; raggiunge poi la famiglia.
Gli affari della fabbrica cominciano ad andare male e Hermann Einstein esorta il figlio Albert a iscriversi al famoso Istituto Federale di Tecnologia, noto come Politecnico di Zurigo. Non avendo però conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, nel 1895 deve affrontare un esame di ammissione: viene bocciato per insufficienza nelle materie letterarie. Ma ci fu di più: il direttore del Politecnico, impressionato dalle non comuni capacità mostrate nelle materie scientifiche, esorta il ragazzo a non rinunciare alle speranze e a ottenere un diploma abilitante per l'iscrizione al Politecnico nella scuola cantonale svizzera progressiva di Aargau.

Gli studi superiori

Qui Albert Einstein trova un'atmosfera ben diversa da quella del ginnasio di Monaco. Nel 1896 può finalmente iscriversi al Politecnico, dove prende una prima decisione: non farà l'ingegnere bensì l'insegnante.
In una sua dichiarazione dell'epoca dirà, infatti, "Se avrò fortuna nel passare l'esame, andrò a Zurigo. Lì starò per quattro anni per studiare matematica e fisica. Immagino di diventare un insegnante in quei rami delle scienze naturali, scegliendo la parte teorica di esse. Queste sono le ragioni che mi hanno portato a fare questo piano. Soprattutto, è la mia disposizione all'astrazione e al pensiero matematico, e la mia mancanza di immaginazione e di abilità pratica".
Nel corso dei suoi studi a Zurigo matura la sua scelta: si dedicherà alla fisica piuttosto che alla matematica.

Dalla laurea al primo impiego, fino ai primi studi teorici

Albert Einstein si laurea nel 1900. Prende dunque la cittadinanza svizzera per assumere un impiego all'Ufficio Brevetti di Berna. Il modesto lavoro gli consente di dedicare gran parte del suo tempo allo studio della fisica.
Nel 1905 pubblica tre studi teorici. Il primo e più importante studio contiene la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta.
Il secondo studio, sull'interpretazione dell'effetto fotoelettrico, contiene un'ipotesi rivoluzionaria sulla natura della luce; Einstein afferma che in determinate circostanze la radiazione elettromagnetica ha natura corpuscolare, ipotizzando che l'energia trasportata da ogni particella che costituisce il raggio luminoso, denominata fotone, sia proporzionale alla frequenza della radiazione. Quest'affermazione, in base alla quale l'energia contenuta in un fascio luminoso viene trasferita in unità individuali o quanti, dieci anni dopo sarà confermata sperimentalmente da Robert Andrews Millikan.
Il terzo e più importante studio è del 1905, e reca il titolo "Elettrodinamica dei corpi in movimento": esso contiene la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta, frutto di un lungo e attento studio della meccanica classica di Isaac Newton, delle modalità dell'interazione fra radiazione e materia, e delle caratteristiche dei fenomeni fisici osservati in sistemi in moto relativo l'uno rispetto all'altro.

Il premio Nobel

E' proprio quest'ultimo studio che porterà Albert Einstein a conseguire il premio Nobel per la Fisica nel 1921. Nel 1916 pubblica la memoria: "I fondamenti della teoria della Relatività generale", frutto di oltre dieci anni di studio. Questo lavoro è considerato dal fisico stesso il suo maggior contributo scientifico: esso si inserisce nella sua ricerca rivolta alla geometrizzazione della fisica.

Il contesto storico: la Prima Guerra Mondiale

Intanto, nel mondo i conflitti fra le nazioni avevano preso fuoco, tanto da scatenare la prima guerra mondiale. Durante questo periodo Einstein è tra i pochi accademici tedeschi a criticare pubblicamente il coinvolgimento della Germania nella guerra.
Tale presa di posizione lo rende vittima di gravi attacchi da parte di gruppi di destra, tanto che le sue teorie scientifiche subiscono un'azione volta a metterle in ridicolo; particolare accanimento subisce la teoria della relatività.

Il nazismo e la bomba atomica

Con l'avvento al potere di Hitler, Einstein è costretto a emigrare negli Stati Uniti, dove gli venne offerta una cattedra presso l'Institute for Advanced Study di Princeton, nel New Jersey. Di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista, il Nobel tedesco rinuncia alle posizioni pacifiste e nel 1939 scrive assieme a molti altri fisici una famosa lettera indirizzata al presidente Roosevelt, nella quale viene sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica. La lettera segna l'inizio dei piani per la costruzione dell'arma nucleare.

L'impegno per la pace

Einstein ovviamente disprezza profondamente la violenza e, conclusi questi terribili anni di conflitti, si impegna attivamente contro la guerra e contro le persecuzioni razziste, compilando una dichiarazione pacifista contro le armi nucleari. Più volte, poi, ribadisce la necessità che gli intellettuali di ogni paese debbano essere disposti a tutti i sacrifici necessari per preservare la libertà politica e per impiegare le conoscenze scientifiche a scopi di pace.

La morte

Albert Einstein si spegne all'età di 76 anni negli Stati Uniti, a Princeton, il giorno 18 aprile 1955, circondato dai più grandi onori.
Aveva espresso verbalmente il desiderio di mettere il proprio corpo a disposizione della scienza e Thomas Stoltz Harvey, il patologo che effettuò l'autopsia, di propria iniziativa rimosse il cervello e lo conservò a casa propria in un barattolo sottovuoto per circa 30 anni. Il resto del corpo fu cremato e le ceneri furono disperse in un luogo segreto. Quando i parenti di Einstein furono messi al corrente, acconsentirono a che il cervello fosse sezionato in 240 parti da consegnare ad altrettanti ricercatori; la parte più grossa è custodita nell'ospedale di Princeton.

La grandezza e il genio immortale di Einstein

La grandezza di Einstein consiste nell'avere cambiato in maniera radicale le metodologie di interpretazione del mondo della fisica. La sua fama crebbe enormemente e in modo sempre crescente dopo l'assegnazione del Nobel ma soprattutto grazie all'alto grado di originalità della sua Teoria della relatività, capace di colpire l'immaginario collettivo in modo affascinante e stupefacente.
Il contributo di Einstein al mondo della scienza, ma anche a quello della filosofia (campo nel quale Einstein nutrì e mostrò profondo interesse) ha prodotto una rivoluzione che nella storia trova paragone solo in quella prodotta dal lavoro di Isaac Newton.
Il successo e la popolarità acquisite da Einstein sono state un evento del tutto insolito per uno scienziato: esse non si arrestarono nemmeno durante gli ultimi anni di vita, tanto che in molte culture popolari il suo nome divenne - già allora e ancora oggi è così - sinonimo di genio e di grande intelligenza. Sono rimaste celebri molte frasi di Einstein, come ad esempio "Solo due cose sono infinite, l'universo e la stupidità umana, e non sono sicuro della prima".
Anche il suo volto e le sue fattezze (i lunghi capelli bianchi e i folti baffi bianchi) sono diventati uno stereotipo simboleggiante proprio la figura dello scienziato geniale; un' esempio su tutti è il personaggio del Dottor Emmett Brown della saga di "Ritorno al Futuro", film dove tra l'altro il cane dell'inventore della macchina del tempo più celebre del cinema, si chiama proprio Einstein.

Frasi Celebri:

 
 

Specie aliene alla conquista dell'Antartide (siamo arrivati anche lì)

Anche nell'ultimo santuario del pianeta cominciano a comparire piante e animali non nativi. Colpa dei cambiamenti climatici e un po' anche dei turisti 


Esistono confini invisibili all’occhio umano, che sfuggono alle pagine degli atlanti. Vulcani e catene montuose sepolti nel ghiaccio, correnti marine che segregano regioni di oceano aperto e insormontabili barriere termiche, costituite da pochi gradi centigradi di differenza a cavallo dello zero. Costretta a confrontarsi con le condizioni estreme che caratterizzano le latitudini maggiori, la vita in Antartide ha sviluppato adattamenti inediti: animali dotati di scheletri leggeri, sangue privo di emoglobina, proteine antigelo.

Una ricca e fragile biodiversità evolutasi in migliaia di anni di isolamento geografico. Un bastione impenetrabile che mostra oggi alcuni cenni di cedimento: negli ultimi anni sono aumentate le segnalazioni di specie aliene rinvenute nelle acque e nella terraferma antartica. “Definirla 'emergenza ecologica' è eccessivo, molte delle specie che riescono a raggiungere l’Antartide non sopravvivono a lungo” – spiega Stefano Schiaparelli, ricercatore dell’Università di Genova e responsabile scientifico del Museo Nazionale dell’Antartide della stessa città.

L’aspetto non deve ingannare.

Oltre a essere il più freddo, l'Antartide è in assoluto il continente più arido del pianeta. La spessa calotta polare che ricopre la terraferma è il risultato della lentissima deposizione di pochi centimetri di precipitazioni all'anno, un processo in atto da intere ere geologiche. Un luogo inospitale, a cui poche forme di vita sono in grado di adattarsi. “Gli organismi meno complessi come, ad esempio, batteri, funghi e acari sono quelli che hanno maggiore probabilità di riuscita – prosegue Schiaparelli – nonché i più difficili da controllare”.

Tutto ciò che viene introdotto in Antartide è sottoposto a protocolli di biosicurezza estremamente restrittivi. Container e attrezzature sono esaminate scrupolosamente alla ricerca di ospiti indesiderati mentre il personale tecnico e scientifico frequenta corsi di buone pratiche per minimizzare l’impatto antropico una volta giunti sul luogo. Essendo anch’esse caratterizzate da una biodiversità peculiare, Australia e Nuova Zelanda sono le nazioni più rigorose nei controlli. Poiché la maggioranza delle spedizioni antartiche salpano dai loro porti, le misure di sicurezza sono duplici: tutto viene controllato sia all'ingresso del paese sia alla partenza verso l'Antartide.
 

Il rischio di contaminazione non proviene solamente dall’esterno ma anche da regioni diverse del continente stesso. Per quanto semplificate, l’Antartide ospita comunità diversificate, evolutesi in ambienti isolati o lontani. Come le Valli Secche di McMurdo, libere dal ghiaccio ma talmente aride da essere annoverate tra le regioni desertiche più estreme del pianeta, nelle quali è frequente imbattersi in carcasse di foca perfettamente mummificate. “I ricercatori sono addestrati e, nei limiti del possibile, cercano di fare attenzione negli spostamenti” spiega Schiaparelli. Così non è per le escursioni turistiche. “I visitatori spesso si spostano da un luogo all’altro senza applicare protocolli specifici o curarsi di rimuovere l’eventuale terriccio intrappolato sotto le suole. “Sono un potenziale vettore di diffusione per numerosi microrganismi e spore".

Nonostante l’inospitale terraferma, le acque dell'Antartide sono tra le più produttive del pianeta, superiori sia in termini di biomassa sia di diversità a quelle del Mediterraneo e paragonabili solo a quelle dei mari tropicali. Questa ricchezza è custodita da due correnti marine opposte e concentriche che circondano il continente. La Corrente Circumpolare Antartica è la corrente marina che muove il maggior volume di acqua del pianeta, e circonda il continente scorrendo in direzione est. Più vicina alla costa c'è la Corrente Polare, che scorre in direzione opposta. I due flussi d'acqua delimitano una regione chiamata Divergenza Antartica dove avviene la risalita di acque profonde, più calde e salate, con il relativo trasferimento di calore negli strati superiori.

Per migliaia di anni la Corrente Circumpolare è stata una barriera naturale che ha isolato la biodiversità antartica da quella degli altri oceani, promuovendo adattamenti evolutivi singolari. “Nelle acque antartiche è scomparsa la durofagia, la strategia alimentare che prevede la frantumazione di conchiglie, gusci e carapaci. Gli organismi hanno sviluppato corpi molli: i predatori più temibili sono stelle marine e policheti” prosegue Schiaparelli. Il cambiamento climatico in atto potrebbe sconvolgere questo mondo, favorendo l’ingresso di specie esotiche. “Con l’indebolimento della Corrente Circumpolare, aumenta il numero di propaguli [elementi pluricellulari che servono alla riproduzione delle piante, ndr] in grado di superare questa barriera, così come un aumento della temperatura di pochi gradi centigradi potrebbe espandere l’areale di animali periantartici”.
  

Un’eventualità che secondo Sven Thatje, professore di Biologia Marina presso l’Università di Southampton, permetterebbe al granchio reale (Lithodes sp.) di stabilirsi sulla piattaforma continentale antartica. L’arrivo di un grande predatore, famelico e armato di chele, potrebbe alterare drammaticamente  la struttura delle comunità bentoniche. “L’ipotesi di Thatje è tuttavia controversa – nota Schiaparelli – Un recente studio, basato sui record fossili, ha dimostrato che in passato il genere Lithodes abitava stabilmente la scarpata continentale antartica. Si tratterebbe quindi di un ritorno, dalle conseguenze comunque imprevedibili”.

L’invasione di specie esotiche in Antartide è un fenomeno in evoluzione e costantemente monitorato tanto che nel 2011 il Segretariato del Trattato Antartico ha pubblicato un manuale di specie non native che sarà oggetto di revisione e aggiornamento entro l’anno. La preservazione dell’ultimo santuario del pianeta dipende dal mantenimento dei confini invisibili all’occhio umano. Compresi i microrganismi sotto le suole.